Per
Fabio Santoro la vita è una sorta di circo e su questo fil rouge concettuale egli dipinge le sue opere notturne, come
ribadisce la costante presenza della luna. Non a caso egli nel 2017 ha titolato
Come la vita un suo dipinto a tecnica
mista su specchio, nel quale una nera tenda da circo, appunto, è al centro in
primo piano in una veduta in lontananza di New York, affidata ad una sequenza stenografica,
per così dire, in cui si intravedono la Statua della Libertà, il ponte di
Brooklyn. In quest’opera, tuttavia, la luna appare all’ultima fase, come
avviene in una sola altra opera, nella fattispecie Il mio circo è la strada (2019), sempre su specchio, ma verticale.
Scelta in ottemperanza ad un personale sperimentalismo, questa particolare tecnica di pittura su specchio, come anche quella su vetro di altri lavori, a causa dell’insita repulsione delle superfici costringe Santoto a soluzioni esecutive più sintetiche, sia nelle stesure, per lo più lunghe e prive di compattezza talora fino alle striature lineari (ed è il caso del dipinto su vetro del 2016 Una panchina per riflettere), sia nella resa delle immagini, o meglio le loro sagome, spesso in nero come se fossero in controluce e comunque mai definite nei dettagli. E’ così che ciascun lavoro risulta di un’essenzialità tecnica e linguistica, complicata (e stavo per scrivere: arricchita) da zone delle superfici lasciate a vista, con effetti di captazione dell’ambiente circostante nelle opere su specchio e di trasparenza nelle opere su vetro, effetti che contribuiscono a determinare ora fluide sfumature atmosferiche (E’ sempre stata qui, 2019), ed ora riflessi equorei com’è nella baia del citato Come nella vita. Il risultato è che la pittura di Santoro è nello stesso tempo iconica e informale.
Eccettuate Come la vita e Il mio circo è la strada, a sovrastare ogni scena è la luna piena, gialla, o rossa, ma anche azzurra, com’è in Guarda avanti e La tranquillità, ambedue opere del 2019 significative per Fabio, che alla luna attribuisce particolari effetti psicologici, probabilmente per il suo simboleggiare il Femminile. Infatti egli è persuaso che la luna propizi la serenità, aggiungendo così questo suo convincimento alla ricca varietà di simboli e influssi positivi attribuiti al nostro satellite nelle diverse culture ed età. Del resto se alle tre fasi lunari sono ispirati miti (le tre Parche, Cloto, Lachesi e Atropo, che soprintendono alle tre fasi della vita) e religioni (la Trinità cristiana, la Trimurti induista), mentre i tre giorni di novilunio sono associati alla morte ed alla rinascita (Gesù stesso è risorto dopo tre giorni), al plenilunio sono attribuite valenze positive, quali la felicità e la fecondità, per indicare le più diffuse, senza tuttavia dimenticare che lunari sono le divinità Istar, Iside, Artemide, Ecate e la stessa Vergine Maria, la quale infatti viene anche rappresentata con veste azzurra (cielo) e ritta su una falce di luna. Quindi il plenilunio dispensa la sua energia positiva sui momenti relativi al circo della vita, anche i più fastidiosi, quali gli intruppamenti del traffico automobilistico, portando chi è al volante a dirsi Tieni duro, o i più difficili, spingendo a reagire con un Guarda avanti. Il plenilunio, dunque, secondo Fabio, oltre a dare tranquillità, aiuta ad avere positive riflessioni nei momenti di relax (Una panchina per riflettere, 2018).
Tutto il discorso di Fabio Santoro è illuminato, per così dire, dal plenilunio. Ed il rapporto dei personaggi (alteri ego del pittore?) è ovviamente variato secondo le circostanze. Se in Sempre è stata qui (2019) un omino, in concomitanza a questa constatazione, fa un salto di gioia, sostenendosi col suo bastone di passeggio, in un altro dipinto del 2019, ma su vetro, alcune alte cime relegano in un angolo la luna piena, impendendone ad un uomo con alto cappello e di spalle la piena contemplazione. Ma in questo casosi tratta di una scena della realtà, infatti ci avvisa il titolo che Era solo un sogno, ovvero una sorta di incubo per uno come Fabio che attribuisce grandi influssi positivi al plenilunio.
Insomma la luna per l’immaginazione di Santoro è così a portata che a 50 dopo lo sbarco sulla luna del 20 luglio 1969, con un sottinteso avvertimento a Neil Armstrong, dipinge su specchio Ci saresti arrivato comunque. In questo dipinto una sagoma celeste, sparata da un cannone di medesimo colore, vola verso la luna. E’ chiaro che il nostro pittore in quest’opera rifà il verso al Georges Meliès di Viaggio nella luna (1902), ma con una significativa differenza: il viaggio non è compiuto con un razzo, bensì da un uomo sparato col cannone, così come si faceva nel circo nelle esibizioni della donna cannone. E come poteva essere diversamente, se la vita è un circo?
Giorgio Di Genova